Sistema Integrato

Si può ipotizzare che il paziente parkinsoniano possa incontrare, durante la sua storia di malattia, numerose figure mediche (neurologo, medico di medicina generale, genetista, geriatra, fisiatra, neurofisiologo, neuroradiologo, psichiatra, neurochirurgo, ortopedico, urologo, nutrizionista), così come altre figure professionali socio-sanitarie (fisioterapista, logopedista, terapista occupazionale, psicologo, infermiere, assistente sociale) che operano, nella maggior parte dei casi, in modo autonomo e non coordinato tra loro.

In termini di sanità pubblica è ancora carente nel nostro Paese l’idea di un governo clinico della malattia di Parkinson; inoltre è ad oggi assente un documento nazionale programmatorio sulla malattia (analogamente a quanto è stato fatto sulla demenza) e sono pressoché rarissimi, nelle diverse realtà territoriali, documenti di gestione della malattia come i PDTAR (Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali e Riabilitativi).

In un sistema di gestione integrata della malattia di Parkinson, il neurologo esperto in disordini del movimento ha un ruolo centrale e necessita di coordinarsi con gli altri professionisti socio –sanitari, per migliorare la qualità di assistenza complessiva da fornire al paziente. 

In termini più generali, si può affermare che per la sostenibilità dei sistemi socio – sanitari pubblici a risorse economiche limitate è di vitale importanza riuscire a costruire modelli di gestione delle malattie croniche equilibrati, capaci cioè di contenere gli sprechi, perseguire l’appropriatezza degli interventi terapeutici e offrire allo stesso tempo una maggiore qualità all’assistenza dei pazienti.

In questa logica generale, il rapporto tra il neurologo esperto in disordini del movimento e il medico di medicina generale rappresenta uno snodo cruciale. 

Nel VII Report Annuale 2010-2011 dei dati di Health Search, la malattia di Parkinson si colloca in terza posizione, fra 35 patologie oggetto di analisi per numero di contatti/paziente/anno con un valore di 7,86, subito dopo le malattie ischemiche del cuore (8,47) e il diabete mellito di tipo II (8,06), e precedendo tutte le altre patologie, molte delle quali hanno notoriamente una prevalenza superiore nella popolazione generale (fibrillazione atriale 7,64; scompenso cardiaco congestizio 6,82; ipertensione non complicata 6,70 e così via).

Il medico di medicina generale ha dunque il compito di acquisire e di mantenere una conoscenza appropriata delle caratteristiche cliniche della malattia di Parkinson e delle condizioni di parkinsonismo.

Nella fase iniziale della malattia, la raccolta anamnestica mirata e l’esecuzione di un esame obiettivo neurologico sono finalizzati alla conferma del sospetto diagnostico di “sindrome parkinsoniana” e al completamento della valutazione preliminare del caso, prima che il paziente sia inviato al neurologo esperto in disordini del movimento per la formulazione della diagnosi e per l’impostazione terapeutica. 

Nelle fasi successive, il medico di medicina generale deve collaborare con il neurologo e le altre figure professionali coinvolte per le variazioni della strategia terapeutica, la cura delle comorbilità, delle complicanze motorie e non motorie e per l’attivazione degli interventi socio – assistenziali nelle fasi avanzate di malattia, caratterizzate da progressiva invalidità.

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